Contattaci-Imologia

La vostra Essenza/Your Essence



Writer

Anna Governale , 16 anni
agovernale18@gmail.com

Liceo scientifico Milano

Racconto epistolare di un ipotetico ingresso a Milano
nella seconda guerra d’indipendenza di Franco Maironi alla moglie Luisa Maironi.


Da Franco a Luisa

Milano , 8 giugno 1859


<<ce l’abbiamo fatta Luisa , ce l’abbiamo fatta.

Siamo a Milano. Il Padovano dice che corro troppo e che la guerra non è ancora finita, ma che ne vuole sapere lui che a malapena sa in che schieramento combatte. Io vedo la fine della guerra ,la libertà per il nostro paese e la possibilità di vederlo unito . So che nelle scorse lettere sono stato freddo e sbrigativo e mi duole averti fatto partecipe di una tristezza e di uno sconforto tanto grandi, a te che di problemi ne hai già abbastanza dopo la morte dello zio Pietro e con il misero anticipo di denaro che sono riuscito a trovare . Mi spiace di non aver potuto provvedere come si deve al tuo futuro economico ma sono sicuro che il Gilardoni e Ester ti stanno dando una mano. Spero che perdonerai lo spirito patriottico che mi ha guidato follemente in questa guerra ,ero ispirato dalle tue parole che mi spingevano ad agire e non a nascondermi come un vigliacco dietro a irreali idee e alla mia fede in Dio. Ho visto tante cose terribili Luisa, cose che possono cambiare l’animo di un uomo o far vacillare la fede in Dio che tu tanto disapprovi oppure accentuarla fino a farla diventare l’unica speranza” i tempi erano tali che qualunque appiglio pareva buono purché servisse a farci sopravvivere”. Il nostro reggimento è stato quello con meno vittime ma non di certo il più fortunato o il più agiato . Se ripenso ora ai tempi passati a Torino a mangiare una volta al giorno per tenere i soldi da parte mi paiono quasi l’età dell’oro. Evito di ripensare alle nostre montagne perché mi portano solo tristezza e sconforto al confronto con i campi calpestati da migliaia di soldati ogni giorno . Tra le truppe maturava la disperazione “e allo stesso tempo qualche cosa in noi si rifiutava di credere alla totale eclissi della speranza “.Era quella speranza che ci tirava avanti ,alla quale abboccavamo come le tinche del nostro lago abboccano all’amo del Bianconi . Abbiamo iniziato a vincere Luisa, tante vittorie che neanche lo zio Piero ci avrebbe creduto “i piemontesi impegnarono con le loro otto brigate altrettante brigate nemiche e alla fine trionfarono”. Siamo entrati a Milano . Ancora non riesco a crederci , a credere che dopo tante sofferenze, dopo aver visto tanti uomini morire consapevoli di essere un sacrificio necessario per la vittoria,io possa aver varcato la porta di Milano. Ho rivisto il Caval di Spade. Era ferito ma talmente felice di essere a Milano che lo vedevo li lì per mettersi a ballare e tu sai che non ballerebbe mai se non con qualche bicchiere di troppo in corpo .Eravamo stremati , consumati dalle battaglie ,dalla morte e dalla speranza stessa che da ciò che ci dava coraggio è diventata la nostra più grande paura. Ma la felicità che provavamo oggi Luisa , ha quasi offuscato tutta la sofferenza e le perdite come le nuvole che si spostano alla luce del sole che spunta sulla Boglia. Siamo entrati da un arco trionfale ,come quelli romani di cui leggevo nel libri del professor G. il prete di Torino che voleva farmi diventare erudito,con una solennità che stonava tanto quanto lo sarà il mio pianoforte ormai , con la stanchezza che emanavano le nostre uniformi consumate e piene di polvere che avrebbero fatto inorridire te e la Cia tanto erano sporche . Avevamo tutti una gioia mista tristezza sul volto ma sono sicuro che prevalesse la prima dato che l’ Udinese sembrava sul punto di rischiare l’ennesimo motteggio del Padovano pur di suonare il suo flauto che ormai si portava dietro

neanche fosse benedetto. La gente stava in silenzio ma era un silenzio rumoroso nella sua semplicità perché pieno di felice dolore. Penso che non riuscissero a crederci e come biasimarli Luisa, come? Noi per primi non ci credevamo .La guerra non era ancora finita e la città era distrutta in tutta la sua bellezza. Milano è davvero una bella città, anche dopo le fatiche della guerra .E’ una città con una bellezza diversa dalla Valsolda , qui i monumenti e la storia prendono il sopravvento sulla natura tanto che un giardino come il nostro faticherebbe ad entrarci tra tutte queste pietre ,marmi e chiese. E dire che della città abbiamo visto solo una piccola parte fino alla piazza del Duomo. Dovresti vedere com’è grande Luisa, è magnifico ed imponente ma anche delicato ed armonioso e particolarmente decorato , non assomiglia a niente che potrebbe esserci ad Oria . Siamo passati spesso in piazza dei mercanti attraverso piccole e sporche stradine , ce ne sono davvero tante, un intricato labirinto. Mi hanno raccontato che ci sono anche dei piccoli fiumi o dei grandi canali , non sono stati molto precisi, che in città chiamano Navigli. Dicono che sono stati usati per trasportare il marmo per la costruzione del Duomo che è durata oltre duecento anni . Roba da non crederci come siano ingegnosi e pensa che ci sono anche dei piccoli treni che girano per la città ma che non sono ancora del tutto funzionanti dato che gli austriaci avevano appena iniziato a costruirli per spostare le truppe più velocemente. In futuro questo giorno lo racconteranno come l’importante trionfo di Vittorio Emanuele II e Napoleone III che a cavallo entrarono a Milano ma sul momento era solo una vittoria, un primo assaggio della libertà. In città le vie sono più strette anche se molto più ampie di quelle in Valsolda e ci siamo divisi in piccoli gruppi per le strade in modo da riuscire a soccorrere meglio gli abitanti e pattugliare meglio gli immensi viali. Per le vie buie e sporche si vedevano donne e bambini uscire dalle case con la paura dipinta sul volto scarno divorato dalla fame e quasi senza vita che stentava a credere alla fine. Persone sdraiate per strada su letti improvvisati in attesa della morte aprivano lentamente gli occhi senza però azzardasi ad alzarsi . Faceva male al cuore vederli Luisa, anche se probabilmente il loro viso rispecchiava il mio .Erano stanchi , stufi di anni di ribellioni e rivolte per la libertà , per l’indipendenza, che avevano segnato la città . Avevano visto anni di conquiste e di conquistatori dai romani agli spagnoli fino agli austriaci con una parvenza di libertà sotto la bandiera tricolore della Repubblica Cisalpina , erano anni che lottavano per la libertà che gli veniva sottratta tutte le volte portandoli alla resa e non per mancanza di coraggio o perseveranza nè per la determinazione di cui tu sei tanto sostenitrice, ma per la consapevolezza di fronte alla realtà che noi ignoravamo quella sera con l’avvocato V. e il Pedraglio mentre urlavamo il nome di Cavour e quello del nuovo regno. Eppure anche se non abbiamo ancora vinto la guerra io non ho ancora perso quell’entusiasmo. La libertà , la si sentiva ovunque, anche i più scettici la sentivano come una benedizione da Dio . Saresti dovuta esserci Luisa , anche se tu l’avresti vista come il simbolo concreto della volontà degli uomini e delle loro azioni valorose. Le persone la sentivano, e io per primo, e piangevo lacrime di gioia immensa seguito dai miei compagni . Si sentivano le prime grida di gioia seppur ancora incerte e caute. “Quei volti quei petti quelle grida erano piene di entusiasmo e di fausti e grandi presagi : quella subita concordia di molte provincie divelte da varia soggezione straniera per comporre una sola indipendenza una sola libertà, era incentivo alle immaginazioni di maggiori speranze”. Te lo ricordi questo testo? Lo leggevamo sempre quando fantasticavamo sulla guerra. Erano fantasie irreali ,inconsapevoli ma erano quelle che servivano per conquistare la libertà arruolandosi nell’esercito e rafforzandolo con la nostra volontà di vedere il paese unito. Eravamo quasi in ventimila i volontari nell’esercito sardo-francese e ora probabilmente siamo quasi la metà ma abbiamo fatto la differenza con il nostro entusiasmo. Siamo l’anima dell’esercito Luisa e siamo fieri di esserlo. Spero con tutto il cuore che tu possa essere orgogliosa di me e delle azioni che tanto mancavano nel mio carattere di natura passivo. Sono contento di avere la possibilità di rendere il nostro paese unito sotto un unico nome e un’unica bandiera. Mi duole stare lontano dalla mia famiglia, dal mio paese e dalle mie montagne ma so che tutto questo è necessario per un futuro che vale il valore delle nostre vite. Eh Luisa , mi sembra ancora “di udire lo zio Piero quando , noi pure ,a Oria , s’è parlato della grandezza dello

splendore futuro d’Italia . <Eh sì sì !> diceva. < Eh sì sì !> Il lago diventerà di latte e miele e la Galbiga de formagg de grana !

< E’ successo , è successo!>

<Ti abbraccio, Luisa mia , con l’anima>

Franco





 

Singer
Halye Sunset
Halye Sunset, 
Dubai

@phWylliamFumagalli
“What about music? Music reminds us that we cannot give up but we can rediscover happiness every time."
Halye Sunset
Million Reasons · Haylie Sunset Million Reasons ℗ Haylie Sunset Released on: 2019-10-18 Author: Hillary Lindsey Composer: Hillary Lindsey Author: Mark Ronson Composer: Mark Ronson Author: Stefani Joanne Angelina Germanotta Composer: Stefani Joanne Angelina Germanotta

 
Emotions Photographer
Through a photo you can remember moments that smell of infinity, just like the sky,
especially that of the night that envelops with its dark or with the light of its stars.




 
Fà brillare
Makes shine
le anime
the souls
di chi
of those who
per troppo tempo
for a long time
è stato
have been
nell'ombra
in the shadow
di qualche stella
of some stars
senza luce
without light

©copyright By Marcello Mangano
 
1) Tu.... lontana, ma così vicina, nessuno c'è mai stata. Tu lontana, come nessuna è     mai mancata. 

2) Ti    trovo laddove ti ho lasciata, in un cielo buio, brillante di sogni e desideri. 

3) I viaggi più belli li ho confidati a te, lasciando sulla tua superficie le mie più belle esperienze. 

4) Per molti sei solo una luna, per me sei l'unica a cui affido i miei più profondi desideri. 

5) Fà brillare le anime di chi, per troppo tempo, è stato nell'ombra di qualche stella senza luce. 

6) Per tutte le volte che mi sei stata vicina... Pur essendo lontana.